domenica 16 dicembre 2012

bambini griffati di tanti anni fa

L'abbigliamento della mia lontana fanciullezza non era decisamente firmato, ma già era una fortuna che i pantaloni fossero lunghi alla caviglia di velluto nuovo e non già usati lisi e sformati da qualche ragazzo più grandicello.



 abbigliamento usuale  nei giorni feriali

All'inizio della mia vita scolastica, i calzoni erano corti, le gambe erano riparate dal calze di lana ruvida e sostenute da un bottone cucito sul bordo delle braghette e un'asola sulle calze, oppure  da un anello di elastico all'altezza della coscia.

  per la prima comunione, vestito bianco e scarpe nuove, notare le calze lunghe, in questo caso probabilmente sostenute da un anello elastico alla coscia
I cappotti non esistevano  e l'inverno  i bambini si riparavano dal freddo con passamontagna e maglioni di lana lavorati  a ferri dalle nonne, magari striminziti per i tanti lavaggi e per i tanti utenti precedenti.
Gli scarponi erano troppo costosi per i magrissimi bilanci delle famiglie e si usavano solo per le occasioni importanti , poi i bambini crescevano troppo velocemente, la calzatura più usata nella bella stagione erano "gli scarpet", delle calzature di velluto nero con le suole formate dalla sovrapposizione di molti strati di ritagli di stoffa cuciti assieme, 
 gli "scarpet" comode calzature per tutti i giorni, in primo piano a sinistra le "dalmede", , a destra le suole per gli scarpet, cucite a mano, un refe di canapa e un pezzo artigianale di sapone fatto in casa e usato per rendere più scivolosa la punta dell'ago che così penetrava più facilmente e un paio di coriacei scarponcini per ragazzo
 poi  nella seconda metà del secolo scorso si usavano delle suole di gomma  cucite alla tomaia  col robusto refe di canapa , il problema per i ragazzi era che il filo che teneva unita la tomaia alla suola, pur robusto, si usurava e gli "scarpet" si aprivano dalle parti del dito mignolo creando parecchio disagio a camminare e specialmente  nella corsa, ( anche la corsa era indispensabile per cavarsela quando si veniva scoperti a commettere qualche marachella, delle quali era costellata la nostra giornata di bambini e, se l'adulto-vittima ti scopriva un calcio in culo e qualche ceffone era garantito, in aggiunta al resto che ti saresti preso poi a casa, così almeno la fuga qualcosa ti risparmiava); l'inverno per i ragazzi la calzatura principale erano gli stivali di gomma, gelidi  e sempre  bagnati per la neve che penetrava all'interno  e si scioglieva col calore dei piedi, frequentemente gli stivali venivano  ferrati con dei ramponi costruiti artigianalmente dai fabbri, un ferro da cavallo della misura del tacco dal quale fuoriuscivano  quattro spuntoni aguzzi  che poi si conficcavano nel ghiaccio, il ghiaccio era in tutte le strade una componente immancabile durante  l'inverno, 
 abbigliamento invernale
durante il giorno si scioglieva la neve dai tetti o a lato delle strade e  con le prime ombre della sera l'acqua  gelava creando delle scivolosissime lastre di ghiaccio, considerando che nei paesi di montagna le strade erano sempre ripide, in quanto le abitazioni erano sempre edificate sui pendii,  in modo di destinare  le poche aree pianeggianti alla coltivazione del  fieno indispensabile nell'allevamento delle  vacche, così la ferratura degli stivali ti risparmiava qualche caduta.
Le persone anziane usavano ancora " le dalmede", " scarpe di cuoio con le suole di legno" le decantava ironicamente il nostro maestro, erano zoccoli di legno con la parte superriore di cuoio, anche quelle quasi sempre ferrate, poi una calzatura chiamata "sabò", i sabò erano tutti in gomma, probabilmente introdotti dalla Francia dai nostri seggiolai, in pratica erano degli stivali senza il gambale, ed erano molto usati per i lavori nelle stalle.
In quegli anni, anche se eravamo ridicomente infagottati , nessuno  mai si permetteva di ridere per l'abbigliamento  degli altri, il vestiario serviva esclusivamente  per coprirsi e riparare dal freddo, non per fare i modelli griffati però  anche con poche cose il divertimento era sempre assicurato.
 

4 commenti:

speradisole ha detto...

Ho letto e riletto questo tuo bellissimo post, corredato da immagini che spezzano il cuore. Ma una cosa consola, che la povertà non è mai accompagnata dalla tristezza.
Ciao Sileno, un abbraccio.

Gibran ha detto...

Non so perchè,ma il tuo post mi ha messo nostalgia,è vero non avevamo niente e quel poco non dovevavo sciuparlo.
Ma la gioia di vivere quei momenti era tale da farti dimenticare il freddo,i gniaccioli che scendevano dai tetti,le mani viola il freddo intenso non ti proibivano di quell'allegria che solo i bambini sanno manifestare.
Ciao Sileno grazie.

Pierpaolo ha detto...

C'è qualcosa di diverso nel sorriso di quel bambino in basso a sinistra nell'ultima foto... La chiamerei felicità, tanta felicità... Ma non la solita felicità. Questa sembra proprio genuina...

randi ha detto...

sembra siano passati secoli, e invece...