giovedì 30 agosto 2012

Dolomiti: la Marmolada metri 3.342 s.l.m.

Approfittando di una giornata col cielo terso di un azzurro intenso, sono andato in cima alla Marmolada utilizzando la funivia che in tre tronconi porta da Malga Ciapela metri 1450 s.l.m.a Punta Rocca metri  3.250 s.l.m.
Purtroppo sono arrivato in cima a mezzogiorno che, per la luce intensa , non è il momento migliore per fotografare, comunque pubblico qualche foto scattata dalla vetta.


Il  primo tratto della funivia che dai 1.450 metri di Malga Ciapela porta al Piz di Serauta 2.950 metri, un balzo che supera un dislivello di 1.500 metri.


Un cannone rimasto della Grande Guerra , aspri furono i combattimenti fra italiani ed austriaci per la conquista di queste vette, nel ghiacciaio sul versante nord venne scavata dagli austroungarici una fitta rete di gallerie nel ghiaccio, ancora oggi visitabile e conosciuta come la Città di ghiaccio, anche ai giorni nostri il ghiacciaio restituisce ancora qualche salma di ragazzi caduti che fra quelle nevi eterne hanno lasciato la vita un secolo fa.

Da Punta Rocca, 3265 m/slm panorama verso est al centro della foto:Le Tofane.


Panorama verso Sud


Panorama verso Ovest: il Gruppo delle Pale di San Martino


A Nordovest il Sassolungo


 A Nord: il Gruppo del Sella



Il Ghiacciaio della Marmolada, in basso il lago di Fedaia


Dal lago di Fedaia verso il ghiacciaio


Dolomiti,Italia,Europa

mercoledì 22 agosto 2012

natura e ricordi

Con questo post, dedicato particolarmente a due amici sconosciuti che mi seguono con notevole costanza da Groningen (NL), da Mountain View (California), e all'amico Black Crow dalla Sicilia, vi accompagno in una  visita nei boschi alpini.





Durante l'estate, vivendo in un paesino delle Dolomiti adagiato sul versante di un monte fitto di boschi, quando non dovevo lavorare, era più il tempo che passavo nei boschi di quello che passavo a casa e, a quei tempi ormai lontani, il monte era generoso di frutti selvatici e di funghi pregiati come i finferli e i porcini che erano pure gli unici che raccoglievamo, disprezzando tutti gli altri. 
Quasi ogni giorno durante l'estate ritornavo a casa con almeno un paio di porcini e conoscevo ogni cespuglio che poteva celare i boleti.

Di quei boschi conoscevo ogni pietra, ogni cespuglio, ogni albero e ogni polla d'acqua
Mi incantavano i rumori che sentivo nel bosco,  dal frusciare della brezza fra gli alberi, allo scrosciare di un ruscello, dal rumore particolare e misterioso del risucchio del terreno che cedeva sotto i piedi attraversando qualche palude, al fruscio  pesante  del gallo cedrone che improvvisamente si alzava in volo, quel fruscio improvviso e così vicino incuteva sempre qualche momento di paura;  questi incontri col  gallo-cedrone erano però abbastanza rari , era necessario  arrivare a pochissimi metri dal cespuglio ove era celato, perché si alzasse in volo, altrimenti passando leggermente più distanti, il gallo restava ben nascosto ed invisibile.
Ogni tanto lo schiocco di un ramo secco spezzato da un venticello, un canto strano di qualche uccello che difendeva il suo territorio, si incontravano, al sole sotto qualche abete   solitaro, dei  giganteschi formicai

 brulicanti dei laboriosi insetti e quando arrivò la motorizzazione di massa arrivarono quelli della bassa che raccoglievano i formicai nei sacchi neri dell' immondizia e le povere formiche si trasformavano in mangime per gli allevamenti di polli o di fagiani con gravissimo danno per il bosco dove si moltiplicavano le processionarie, non più eliminate dalla formiche " che rinsecchivano vaste zone di abetaia; fortunatamente questa razzia sembra oggi fermata dalle leggi che vietano la raccolta della formica "Rufa"
Ricordo   poi  i diversi habitat che si attraversavano: dal bosco di giganteschi faggi ricchi di funghi e meravigliosi per i colori all'arrivo dell'autunno, alle cupe abetaie col suolo coperto bruni di aghi di abete e di vaste estensioni di muschio, alle radure che a giugno si riempiono di fiori bellissimi e coloratissimi, le zone dove riaffiorano le rocce con le macchie rosa dei rododendri, altre zone dove abbondano i rovi, impervie e faticose da attraversare, ma ad estate inoltrata sono  ricche di lamponi e di more; i boschi di larice con le piantine dei deliziosi mirtilli, qualche  masso misterioso, coperto di muschio


 portato in quel sito da qualche ghiacciaio migliaia di anno or sono e che forse sotto qualche sporgenza,  è servito da ricovero per i nostri antenati cacciatori, poi si incontrano i segni della devozione, qualche croce di legno corrosa dal tempo

 resti di una "via crucis" oppure  a memoria di qualche disgraziato che in quel posto ha deciso di terminare la sua via crucis e, che ancora oggi qualche mano pietosa   ripara  e raddrizza; qualche muro a secco rudere di una casera o muro di confine ormai coperto di rovi e  costruito portando le pietre  ad una ad una  per bonificare  qualche francobollo  di terreno

per avere una bracciata in più di fieno e oggi ai miei occhi questi muri sono un monumento a tanto lavoro, tanta fatica, tanti sacrifici e tanta fame delle generazioni che hanno preceduto la mia e quando vedo questi muretti mi coglie sempre la commozione e sento le voci e rivedo i volti degli ultimi proprietari che in quei posti ho visto ancora falciare l'erba o mungere le vacche e mi rattrista vedere il terreno conquistato a duro prezzo ormai regno dei rovi.

lunedì 13 agosto 2012

ATTENTI!


Mi scappa sempre un sorriso quando vedo questa foto-
Qualche tempo fa ero presente ad una cerimonia per la commemorazione di un amico carissimo, un eroe della resistenza.
A questa cerimonia partecipavano i familiari ed i reduci  della Black Devils Brigade, un corpo speciale misto, composto da americani e canadesi al quale nel 1944 era stato aggregato anche il mio amico come interprete e come scout.

Il mio amico Tito a Roma nel 1944
Nel 1994 il Presidente USA Bill Clinton venne a Roma per il 50° della Liberazione della Città Eterna e durante la cerimonia passò a salutare i reduci  del "Diavoli Neri" schierati e stringendo loro la mano, quando giunse avanti al mio amico Tito lo salutò e mio amico in inglese impeccabile gli disse: Sono onorato Signor Presidente.
Clinton allora si fermò chiedendogli: Come un inglese fra i Black Devils?
E il mio amico: Veramente io sono italiano Signor Presidente.
Allora il Presidente USA si informò del motivo per il quale era stato arruolato in quel corpo speciale e lo baciò.
Possiedo una foto di quel bacio e qualche volta sfottevo l'amico  chiamandolo Monica Lewinsky; purtroppo pochi anni dopo venne a mancare in circostanze tragiche e lo ricordo con affetto come una persona di un'umanità e una cultura straordinarie, una persona che senza retorica ha fatto la storia in questo Paese e mi ha onorato della sua amicizia.
Durante la cerimonia a cui partecipavo, nella quale si scoprì poi una lapide in sua memoria, osservavo un maresciallo dei carabinieri, ( anche se non sono certo del grado), che si aggirava  per il chiostro dove si svolgeva la celebrazione con una certa aria di sussiego mentre suonavano gli inni degli Stati Uniti e del Canada.
Si trovava poco avanti  a me quando, terminati gli inni americani, echeggiarono le prime note di " Fratelli d'Italia".
Allora come folgorato il maresciallo scattò  immediatamente  sull'attenti battendo sonoramente  i tacchi; alla mia sinistra un po' avanti, si trovavano impassibili anche  due ufficiali USA  già da parecchio tempo sull'attenti mentre risuonavano gli inni,  i quali vedendo lo scatto improvviso  del maresciallo si girarono a guardarsi e non riuscirono a reprimere un sorriso.
In quel momento solenne non riuscii a non scattare una foto del saluto impeccabile del maresciallo e solo per l'inno italiano.

lunedì 6 agosto 2012

altri tempi

evoluzione di un'epoca




locomotiva gruppo 740

particolari vettura di III classe



bielle




sul ponte della Libertà Venezia


le Frecce Rosse



Il treno degli emigranti
Non è grossa, non è pesante

la valigia dell'emigrante...
C'è un po' di terra del mio villaggio,
per non restar solo in viaggio...
un vestito, un pane, un frutto
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l'ho portato:
nella valigia non c'è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuole venire.
Lui resta, fedele come un cane.
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù...
Ma il treno corre: non si vede più.
                                                                     Gianni Rodari