lunedì 14 novembre 2011

Il villaggio dell'infanzia

Ripropongo alcuni post già pubblicati in passato partendo dai miei ricordi d'infanzia in un paesino delle Dolomiti.

 il piccolo villaggio della mia infanzia

Qualche tempo fa, leggendo un blog che parlava di scandole, per associazione di idee le scandole mi hanno riportato alla mia infanzia
Le scandole sono delle assicelle di legno di larice larghe una ventina di centimetri per circa un metro di lunghezza e venivano utilizzate per la copertura dei tetti in montagna.
Fra i ricordi nostalgici della mia fanciullezza, uno dei più vividi riguarda i temporali estivi, particolarmente forti nelle ore pomeridiane del mese di giugno

, quando usciva dall'inferno la madre di san Pietro, che, secondo le storie che i vecchi mi raccontavano, era una donna malvagia e per questo motivo era finita all'inferno, però in prossimità della festività dei santi Pietro e Paolo riusciva a fuggire, ma quando veniva ricacciata nelle fiamme eterne si ribellava scatenando furiosi temporali.
Durante questi temporali mi piaceva rifugiarmi nel fienile dove era stato accumulato il primo taglio della fienagione ed era una delizia scavare un foro nel fieno ed infilarsi per un sonnellino pomeridiano, anche perché col temporale non c'era la possibilità di giocare all'esterno e non c'era la TV.
la fienagione agli inizi del secolo scorso
Il fieno, che fermentava, emanava dei profumi incredibili, profumo di sole, di fiori, di prati, ma anche di tante fatiche e privazioni e anche serenità.
Allora, nel mio buco avvolto nel fieno , guardavo il tetto coperto di scandole e sentivo la pioggia scrosciante, mentre i tuoni si susseguivano fortissimi facendo vibrare le assi delle pareti ed i lampi si insinuavano fra le fessure a volte accecanti quando la saetta era caduta su qualche abete vicino, però in quel posto mi sentivo protetto ed al sicuro senza nessuna paura.
Altri momenti che ricordo con nostalgia, erano le serate d'inverno, quando per risparmiare la legna si passavano le serate nelle stalle, dove il riscaldamento era garantito dall'alito umido delle mucche e dal fieno che fermentava.
Ricordo la luce di una nuda lampadina da tre candele coperta dalle cacche delle mosche che emanava una luce fioca e giallastra e quando veniva accesa qualche altra lampadina un attrezzo chiamato limitatore (dei consumi), faceva lampeggiare le lampade finché una non veniva spenta.
Nella stalla c'era un odore particolare di fieno, di lettiera, di alito delle vacche, ma non era fastidioso, forse perché faceva parte della nostra vita.
Radunarsi nelle stalle 
 la stalla
era detto in dialetto: "fare filò" e raramente ricordo ci fossero degli uomini, normalmente erano le donne e qualche bambino; le donne lavoravano a maglia e passavano la serata raccontando gli ultimi pettegolezzi della vita in paese, ma il pezzo forte della serata erano le storie macabre.
Queste storie raccontavano di morti ed era credenza comune che quando qualcuno veniva a mancare, pochi momenti prima del decesso, ci fosse un segnale costituito da qualche rumore inspiegabile, una signora raccontava di un giovane figlio deceduto cadendo da un tetto distante dalla casa della madre e questa signora si trovava in camera sua quando udì il rumore di una biglia che correva sopra l'armadio e lo schiocco della biglia caduta sul pavimento, ma per quante ricerche avesse fatto anche in seguito, della biglia non v'era traccia, poi arrivò qualcuno a dirle che il figlio era morto.
In altri casi raccontavano di rumori forti senza alcuna spiegazione, salvo, poi arrivare la notizia di qualche decesso di persone care e distanti.
Altri racconti, che poi ci procuravano degli incubi, parlavano di fantasmi.
Una di queste storie sentita ripetutamente da mia madre, si riferiva al racconto di suo fratello più anziano di lei di una quindicina di anni. Una notte, mentre dopo diversi mesi di lavoro all'estero tornava a casa nel villaggio di una decina di abitazioni in una radura isolata in mezzo ai boschi ed ai torrenti, dunque mentre, percorreva il lungo sentiero nel bosco, in prossimità di una grande quercia, incontrò una signora anziana di un villaggio distante con la quale scambiò poche frasi, perché la signora aveva premura.
Il giorno seguente raccontò l'episodio a mia nonna, meravigliato del fatto che questa signora si trovasse in piena notte così distante da casa sua e mia nonna lo interruppe dicendo che questa signora era morta da diversi mesi mentre lo zio era all'estero, il mistero si infittì quando mio zio raccontò ai familiari della defunta dell'incontro e di come era vestita narrando dei particolari dell'abbigliamento, i parenti riconobbero che la donna, così era stata abbigliata per l'ultimo viaggio.
In seguito a questo racconto da ragazzo, quando mi capitava di passare vicino a quella quercia al buio, allungavo il passo, ma non incontrai mai nessuno.
Questi racconti ci facevano correre i brividi lungo la schiena, mentre le mucche si giravano a guardarci con i loro grandi occhi umidi e miti e quando si giravano si sentiva il rumore della catena che scorreva nel foro della greppia e il rumore caratteristico che producevano ruminando.
verso la piazzetta
Altro momento interessante era quando, frequentemente, le donne toccavano argomenti inerenti al sesso e si arrampicavano sugli specchi alludendo in maniera che i bambini non capissero di cosa si trattava, ma noi tendevamo le orecchie perché sapevamo fin troppo bene a cosa alludevano.
Poi, con il passare degli anni le stalle si sono svuotate, i fienili non sono più ricoperti dalle scandole, ma o coperti da lamiere ormai arrugginite, oppure sono diventati seconde case abitate un paio di settimane ad agosto e nel villaggio della mia infanzia, per gran parte dell'anno girano solo le volpi, i cervi, i caprioli e in questi ultimi anni anche i cinghiali, ma raramente gli uomini, solo i ricordi e le fatiche di chi non c'è più rimangono e anche il vento è più triste.

il villaggio deserto

7 commenti:

ale ha detto...

ben ritrovato...poi torno a leggerti con tranquillità.

rosso vermiglio ha detto...

E dai, sei tornato! Come sono contenta!!Il post che riproponi me lo ricordo, è uno dei miei preferiti perchè si parla di ricordi e di tradizione. Proprio stamattina fresca, fresca parlavo con un signore di una certa età di tutti quei ricordi legati alla campagna e all'inverno: il filò, i racconti e i canti dei vecchi, le bestie che scaldavano, la vita e le fatiche che venivano condivise con grande spirito di solidarietà. Ho provato tanta malinconia anche se non ho vissuto quel periodo perchè credo che, nonostante tutto, si vivesse più sereni e in qualche modo anche più felici.
Un abbraccio

Adriano Maini ha detto...

Oh, sì, ben ritrovato sul serio, con i tuoi racconti semprte emozionanti! E verso la stalla e veso la piazzetta mi suscitano bei ricordi, memorie di chi, come me, i paesi di montagna li ha visti ben poco.

ale ha detto...

son un po' commossa. ritrovo i racconti della mia mamma e le foto sono speciali caro Sileno! grazie.

Pierpaolo ha detto...

E' fantastico quello che hai scritto... E posso solo tentare di immaginare quanto siano preziosi questi ricordi... Tanto quanto sia stato magico viverli... Un abbraccio Sileno...

P.S. Per qualche giorno ho pensato di aver perso ogni contatto... Non trovavo più nulla sul blog... Bentornato :)

riri ha detto...

Sono felice che sei ritornato.
Il racconto è un pò triste,ma tutto quello che riguarda un pò il nostro passato,la giovinezza spensierata, lo hai descritto con un misto di nostalgia e tenerezza..sai io ricordo i falò, nella cascina di un vicino ricco..si scacciavano i fantasmi col fuoco, ma si rideva e si era giovani ed incoscienti , si era felici con poco..ma il tuo racconto è come la prima foto: un paesaggio poetico che fa volare.Un abbraccio:-)

speradisole ha detto...

Non tenere nascosti questi tesori.
Molto belli, è un piacere seguirti.
Ciao Sileno. Un abbraccio