lunedì 16 luglio 2012

le giornate nella malga: il tempo libero


 la casera  dove si cucinava  e si preparava il burro,ristrutturata recentemente ed attualmente adibita  a ricovero per escursionisti. ( foto tratta da internet)




Nella malga non c'era solo da lavorare, ma qualche ora libera il pomeriggio c'era e poi le ore dopo la cena.
Come precisato nel precedente post a capo della malga c'era il casaro che si chiamava Mattia, poi la Forestale aveva una famiglia di mezzadri che gestivano le stalle e le bestie, il mezzadro era un reduce della prima guerra mondiale che aveva combattuto sul monte Grappa come mitragliere e c'era il figlio di questo con il quale non ricordo di aver legato particolarmente.
Io, quando avevo terminato il lavoro di pulizia della stalla ed altre eventuali incombenze affidatemi, avevo qualche ora libera, non ricordo molti pasti di mezzogiorno consumati assieme agli altri, credo che frequentemente mangiassi da solo, poi dopo aver controllato che i maiali e le altre bestie delle sulle quali dovevo vigilare, con il cane Antis mi trovavo qualche zona panoramica  e mi sdraiavo sulla corta erbetta brucata dalle vacche, a volte ricordo che usavo il cane come cuscino e lui rimaneva là immobile e direi felice della mia vicinanza, ( alla fine della mia permanenza ricordo che il casaro era geloso del mio rapporto col cane, ma da cucciolo mi era sempre rimasto vicino).
Qualche volta rileggevo per la ventesima volta i giornali vecchi che mi ero portato, a volte fantasticavo guardando le gigantesche montagne che avevo di fronte , un paio di volte ho avuto la fortuna di passare qualche tempo con una ragazza , figlia di pastori, che gestivano un gregge di pecore in una casera a mezzoretta di cammino  sul versante nord della montagna, oltre una forcella.

A differenza della nostra malga, i pastori non erano sempre presenti, perché le pecore non richiedevano la mungitura e si autogestivano per qualche giorno, non allontanandosi troppo dalla casera , anche se in una occasione il pastore ci aveva portato un paio di agnelli morti cadendo, assieme a qualche pecora, in un burrone probabilmente qualcosa  aveva terrorizzato le povere bestie che fuggendo erano precipitate, ma io ricordo un eccezionale spezzatino con la polenta, anche perché a quell'età l'appetito non mancava.

La pastorella ,
 foto tratta da internet
un paio di anni più giovane di me, era un bellissimo diversivo in quegli anni adolescenziali, un vero peccato le scarse occasioni d'incontro, io, purtroppo avevo il divieto di allontanarmi dalla malga, poiché in quei giorni, in una malga  vicina un ragazzo che accudiva le mucche e mio coetaneo era  precipitando in un burrone raccogliendo stelle alpine, così il casaro, responsabile della mia incolumità,  non mi lasciava più allontanare.
La sera quando le bestie tornavano dai pascoli

si abbeveravano e tornavano nella stalla, poi mungitura e io continuavo a girare la ruota della scrematrice, finite quelle operazioni, ci si lavava e poi una bella polenta sul focolare, qualche chiacchiera seduti sulla panca fuori e guardando il crepuscolo che tingeva il mondo di viola e la deliziosa polenta preparata dal casaro che in cucina era un cuoco formidabile pur con il poco a disposizione, ma i  latticini prodotti nella malga, qualche porcino raccolto nella  giornata durante il pascolo, poi  qualche salame delle nostre cantine, ( i miei,  ogni decina di giorni, mi mandavano qualcosa di companatico tramite la forestale), gli agnelli caduti nel burrone e finiti nello spezzatino, ma di quelle cene ricordo dei sapori assolutamente genuini e unici che molto raramente ho ritrovato.
Dopo la cena c'era il momento del relax, io che ero il più giovane, dovevo subire tutta una serie di " prese in giro", particolarmente se  il gregge delle pecore aveva scollinato seguito dalla pastorella, poi incominciavano i racconti di vita vissuta e i racconti di guerra, il casaro proveniva da un paese che ai tempi della sua fanciullezza era in terra austriaca e da bambino conobbe la vita del profugo di guerra, poi da giovane combatté in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale.  il mezzadro invece mitragliere durante la Grande guerra e partigiano durante la seconda, di racconti ne avevano in quantità per riempire le serate, non c'era la televisione, ma non ci si annoiava ascoltando tante storie dalla voce dei protagonisti.
Dopo la cena a lume di acetilene

 ci si avviava con la torcia elettrica, di cui tutti eravamo dotati, verso la stalla ed il nostro modestissimo giaciglio, il sonno arrivava presto salvo nelle notti di temporale, quando gli scrosci furiosi di pioggia sullo zinco a pochi centimetri dalla nostra testa e i fulmini che ci assordavano centrando il parafulmine sul tetto sopra di noi, la luce accecante del lampo

foto tratta da internet

 che per un istante  proiettava ombre gigantesche di corna e di teste di vacca, però in quell'istante di luce si vedevano   le vacche che  continuavano a ruminare tranquille nonostante il frastuono.
Sono fortissimi i temporali in alta montagna, ma io non ricordo di aver mai avuto paura in quei momenti, salvo quando qualche forte raffica di vento faceva sbattere le lamiere di zinco del tetto, allora un po 'di preoccupazione che il tetto volasse via crollandoci addosso e di rimanere scoperti in quell'inferno di fulmini e pioggia.
La mattina dopo i temporali, un cielo terso di un azzurro intensissimo lo spigolo nord del monte Agner

 lo spigolo nord del monte Agner 1600 metri di strapiombo ( foto tratta da internet)


 dall'altra parte della valle sembrava perforare il cielo, il profumo della terra bagnata  permeava l'aria si sentiva la vita in tutte le sue forme pulsare.
E i giorni passavano, mi mancava la compagnia degli amici di sempre, e dicevo al casaro che non sarei mai tornato in una malga e il casaro ribatteva che quelli erano fra i giorni più belli della mia vita e che in futuro li avrei rimpianti e non passarono molti anni che mi ritrovai da solo a lavorare in  una grande metropoli; otto ore al giorno a fresare migliaia di pezzi di ferro e un giorno casualmente mi fresai pure il polso e i tendini del braccio destro che mi costò un mese di ospedale senza nessun familiare vicino, allora in quelle ore solitarie con la paura che la mano destra perdesse funzionalità mi consolavo pensando alle mie montagne e a quel periodo bellissimo nella malga, ricordai tanti e tanti piccoli episodi di quelle giornate, come quella volta che ritornato alla casera dalla stalla il casaro mi indicò un gruppetto di persone che stavano scendendo a valle e mi disse: " Sai che  quel signore  ultimo della fila è il re del Belgio e si è fermato qua a bere una tazza di latte fresco?"
Seppi successivamente che re Alberto del Belgio era un ospite fisso della valle ed era pure un valente alpinista  e pure il nipote: re Baldovino del Belgio, qualche volta veniva in quei posti come in quella circostanza, purtroppo quel giorno nella casera c'era il casaro e io mentre il re si fermava ero a un centinaio di metri di distanza intento a spalare letame e così persi l'occasione di conoscere un  re.
Altri ricordi si rincorrevano come le vipere dalle quali ero terrorizzato e che troppo frequentemente incontravo e in qualche occasione di incontri troppo ravvicinati ho pure preso a bastonate; la valle era chiamata anche la Val Bissera, ( la Valle delle biscie), e c'era una leggenda , molto conosciuta nella zona  che raccontava della Biscia Bianca e della quale già parlai in un post precedente.
Poi ricordo il mio ultimo giorno di lavoro quando riportarono le bestie nella malga bassa e il compito che mi venne affidato fu di riportare giù il branco dei maiali ormai diventati bestioni che pesavano oltre un quintale, così con lo zaino che conteneva i miei pochi averi, il cane di fianco e sulle spalle un attrezzo di legno arcuato che serviva per trasportare i secchi, con due secchi in equilibrio sulle spalle ed un mestolo in mano, dovevo battere ritmicamente  il mestolo su un secchio, ( quello era il segnale della distribuzione della crusca di cui i maiali erano molto  ghiotti), così mi ritrovai capofila con una quindicina di maiali al seguito per circa tre quarti d'ora di strada, penso che deve essere stato qualcosa di estremamente comico.
Giunto alla malga bassa consegnai i maiali salutai gli amici , abbraccia il cane che poi ebbi occasione di rivedere solo una volta, indi proseguii per raggiungere la strada e la Campagnola che mi avrebbe riportato al paese.
Dalla cittadina di fondovalle dove mi scaricarono, per arrivare al paese dovetti usare la corriera, ma le mie condizioni igieniche lasciavano parecchio a desiderare, non c'erano docce alla malga, ma solo un ruscello di acqua gelida pertanto....
Così mi rintanai in un angolo in fondo alla corriera sapendo che non profumavo di eau de toilette griffata e appena giunto a casa  gli indumenti che indossavo finirono direttamente in discarica e tre minuti dopo il mio ingresso in casa, ero già nella vasca da bagno.
Ci sono ritornato solo una volta nella malga dopo una ventina d'anni, mi risulta che venne utilizzata per l'ultima volta proprio quell'anno della mia presenza; la neve e le intemperie avevano fatto crollare le baracche di legno, ma sulle pietre della stalla erano ancora leggibili  scritti con vernice rossa i nomi delle vacche che venivano legate in quel posto e confesso che leggendoli mi scappò una lacrima che asciugai di nascosto prima che l'amico che mi accompagnava si accorgesse che piangevo.

fine monticazione

6 commenti:

Gibran ha detto...

Non è solo un racconto commovente,ma devi essere fiero di quello che hai fatto nella tua giovane età.
Ciao Sileno grazie.

rosso vermiglio ha detto...

Io insisto con il dire che sei stato fortunato a vivere una vita così intensa di emozioni vere :)

Adriano Maini ha detto...

Un'esperienza formidabile, narrata sempre in modo vibrante, formidabile anche per via di tutte quelle pagine di storia che, immagino, avrai appreso dal vivo.

Pierpaolo ha detto...

Quella lacrima è stata la testimonianza più vera che tu abbia mai potuto rendere a te stesso, simbolo della genuina felicità di quei giorni... Chissà cosa ricorderò io del mio passato nel mio domani...

Nicole ha detto...

Meraviglioso racconto. Come vorrei sedermi attorno ad un fuoco con te, non lo immagini nemeno.

randi ha detto...

quanto tutto sembra meno complicato...