Nelle maggior parte delle abitazioni delle Alpi Venete, fino agli anni sessanta ed oltre, il combustibile utilizzato per il riscaldamento e per cucinare, era costituito dalla legna.
L' approvvigionamento della legna, cominciava a primavera, quando, generalmente dopo Pasqua, la neve si scioglieva e consentiva il ritorno nei boschi .
Alla fine dell'inverno, nei boschi di larice, nei terreni di proprietà del Comune, cominciava la raccolta de rami secchi caduti sotto il peso della neve o dalle torsioni dovute al vento marzolino.
A primavera inoltrata, prima dell'inizio della fienagione, il Comune distribuiva alla popolazione
le ramaglie e gli spezzoni dei tronchi che rimanevano dopo la vendita alle segherie dei lotti di larice.
La vendita dei larici e degli abeti era , credo, la forma principale di finanziamento per le necessità del Comune e dopo che in autunno erano stati asportati i tronchi, la guardia comunale, per sorteggio, assegnava, (" la consegna", come era chiamata), degli appezzamenti e si procedeva al recupero dei residui delle piante abbattute.
Fortunata era quella famiglia che aveva il suo appezzamento comodo per il trasporto, il quantitativo di legna assegnato era, invece, abbastanza equilibrato per tutti.
Dopo l'assegnazione, la legna doveva essere trasportata presso le abitazioni, allora bisognava tagliare i tronchi nella misura giusta per il trasporto, bisognava fare le fascine con i rami e poi bisognava pulire il terreno ammucchiando gli scarti intrasportabili che poi degradando sarebbero serviti come fertilizzante per il bosco.
I tronchi tagliati della misura di circa un metro e mezzo erano chiamati "bore o spèlte" e venivano trascinati o caricati su uno slittone fino al posto chiamato "boral".
Il "boral" era , di solito, il greto scavato da un ruscello che precipitava a valle e in questo greto, venivano fatti precipitare i tronchi; questo era un lavoro pericoloso, poiché lungo il percorso dovevano esserci delle persone per disincagliare le "bore" che si incastravano negli anfratti, perché, altrimenti, avrebbero bloccato tutte le altre che venivano buttate in basso e assieme ai tronchi, spesso precipitavano anche i massi che venivano divelti e le traiettorie dei massi erano imprevedibili.
Le fascine, invece venivano portate con degli slittoni
trainati a forza di braccia e anche per quest' operazione bisognava avere una certa pratica, particolarmente quando si scendeva lungo i pendii e bisognava fare attenzione che il carico non prendesse troppa velocità e non si sbilanciasse altrimenti il risultato era , nel minore dei mali, che il carico si sfasciava e bisognava poi raccogliere tutto e riconfezionare le fascine e nel peggiore dei casi si sfasciava lo slittone e oltre al danno economico, veniva anche a mancare lo strumento di lavoro.
L'abilità, in questo trasporto, consisteva nel lasciare scendere la slitta alla velocità più elevata possibile, così l'abbrivio consentiva di superare senza fatica le eventuali controppendenze incontrate, inoltre bisognava capire come le asperità del declivio avrebbero sbilanciato la slitta e contrastare lo sbilanciamento con una opportuna pressione sulle stanghe di guida.
Scaricato il legname, bisognava ricaricarsi lo slittone sulle spalle e tornare in alto per un nuovo carico e così via per più giorni fino a conclusione del trasporto.
In quel periodo il bosco era molto bello, le radure erano color verde smeraldo, le chiome dei faggi di un verde tenero, qua e là nel verde, chiazze bianche di mughetti e rosa dei rododendri ,mentre il bosco era tutto un trillare di uccelli sovrastato dal canto del cuculo, a volte si intravvedeva anche qualche famigliola di caprioli che venivano a curiosare.
Portata la legna a casa, l'operazione successiva, consistava nel tagliare i tronchi della misura giusta per la cucina economica, prima si tagliava la legna con la sega a mano in pezzi lunghi poco più di una trentina di centimetri, successivamente, con l' accetta, si suddividevano spaccandoli in quattro o cinque pezzi.
Tutti questi pezzi di legna, venivano poi accatastati con cura in posti riparati dalle intemperie così si seccavano ed erano pronti per l'autunno.
Anche in autunno veniva fatta una nuova provvista di legna e questa volta nei boschi di proprietà.
Normalmente la legna tagliata in autunno era più pregiata , di solito era legno di faggio, acero o rovere che come combustibile era più pregiato.
Si provvedeva all'abbattimento delle piante, rigorosamente in fase di luna calante, altrimenti la legna non si sarebbe mai seccata bene; dopo l' abbattimento ( a me spiaceva sempre veder morire degli alberi secolari, ma, a quei tempi, la legna era indispensabile per vivere in montagna),
le operazioni continuavano così come si faceva in primavera.
In autunno il quantitativo di legna tagliata era tale da servire per due o tre anni, me se i boschi di proprietà erano molto distanti , ( a volte anche nel territorio di altri comuni), allora per diluire i costi di trasporto, si tagliava tutta la legna possibile e se il bosco era in montagna , si installava una teleferica fino alla strada, magari suddividendo il costo fra più famiglie.
La teleferica, per i bambini, era un evento straordinario, perché i tronchi scendevano velocissimi con un sibilo che diveniva sempre più forte con l'avvicinarsi del carico e poi il boato finale quando il carico si schiantava contro la catasta di copertoni messi ad ammortizzare il colpo.
Col passare degli anni, sempre meno importante è diventata la raccolta della legna, sostituita dal gas, dal gasolio, dal cherosene e dai pellets, ma il ceppo sul focolare o la cucina economica, emanavano un altro calore.
8 commenti:
Scritte con la tua consueta bravura, qusta pagina di storia materiale mi svela tante cose ignote, anche se mi fa riandare con il pensiero a singole vaghe somiglianze, tipo le fascine di legna viste raccogliere in estate da bambino sul Monte Mottarone vicino a Stresa.
Grazie, davvero interessante.
Ciao Sileno, leggo sempre con piacere "pezzi importanti di ricordi" e vorrei essere brava come te a spiegarli così bene sulla tastiera, mi incanto e sogno..Un abbraccio
Sì è vero Sileno, è sempre un grande piacere leggere i tuoi ricordi.
Ancora adesso mi sembra di vivere un bel sogno, quando, camminando, sento arrivare da qualche comignolo, odore di legna.
Grazie e buona giornata!
Lara
potremmo considerarti un libro di storia, sai?
Mi par di sentirlo il (pro)fumo di quella legna!!
Il tuo racconto è af-fascinante!
Ho la fortuna di avere in casa una stufa a legno, tipo le stube altoatesine, ed è un piacere per tutta la famiglia avere la legnaia, vedere la lena ardere e poi scaldarsi col caldo naturale.
Anche i gatti ne approfittano!
Grazie, Sileno, questo post, è bellissimo.
Mi ha sorpreso la parte relativa al "sorteggio", incredibile ma vero, e soprattutto all'equità che ne seguiva. Il bosco era di tutti e come tale veniva rispettato e condiviso.
Grazie Sileno.
Ciao.
I tuoi sono ricordi che posso vagamente ricondurre al mio presente. Non posso proprio immaginarmi un inverno senza la raccolta della legna e il calore del forno di casa mia... Grazie della testimonianza. Piacevole come sempre Sileno :)
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