Vennero i freddi,
con bianchi pennacchi e azzurre spade
spopolarono le contrade.
Il riverbero dei fuochi splendé calmo nei vetri.
La luna era sugli spogli orti invernali.
con bianchi pennacchi e azzurre spade
spopolarono le contrade.
Il riverbero dei fuochi splendé calmo nei vetri.
La luna era sugli spogli orti invernali.
(Attilio Bertolucci)
lungo i pendii, ma anche piedi perennemente bagnati e gelati causa gli stivali di gomma che generalmente indossavamo, mani screpolate e tanto freddo, non esistevano giacche a vento e sconosciuti i guanti, infagottati in abiti striminziti passati attraverso parecchi proprietari, ma a quei tempi eravamo assolutamente indifferenti ai capi firmati.
La sera, per risparmiare sul riscaldamento era uso raggrupparsi nelle stalle a fare il " filò" si diceva, il calore era fornito da un paio di vacche da latte e a volte un vitellino, o una pecora in apposita stia; la luce era fornita da una lampadina da cinque candele con il vetro ottenebrato da polvere e cacche di mosca, le lampadine non potevano essere più potenti poiché la corrente erogata da una apparecchiatura detta limitatore di consumi era tale che appena si superava il ridotissimo consumo consentito la lampada si accendeva e spegneva ad intermittenza.
In quella penombra in quell'aria calda e umida c'era in sottofondo il ruminare continuo delle mucche, ogni tanto il tonfo sordo delle deiezioni di vacca che si spiaccicavano sull'acciottolato del pavimento, l' odore della stalla era forte, ma non sgradevole, forse perché faceva parte della nostra vita,
Le donne sferruzzavano
in continuazione per sfornare calzettoni e maglioni di ruvida lana , gli uomini, generalmente anziani, riparavano rastrelli ed altri attrezzi in legno con l'ausilio di un rustico coltello, i chiodi erano inesistenti, quasi tutto era ad incastro, ( i chiodi costavano, ma il legno era gratis) e la serata passava chiacchierando, generalmente sparlando di qualche assente, oppure di sesso, ma con molte allusioni perché i bambini presenti non capissero, però i bambini drizzavano bene le orecchie, già verso i sette/otto anni sapevano già quello che gli adulti tentavano di occultare e non esisteva l'educazione sessuale, ma l' attenta osservazione del mondo che ci circondava e le confidenze degli amici e ancora di più quelle delle coetanee che erano più emancipate di noi, sopperivano alla mancata educazione sessuale.
Altro genere di argomenti che tenevano banco erano i racconti macabri di morti e spiriti vari che vagavano da quelle parti e di chi li aveva malauguratamente incontrati, poi quando si tornava a casa la paura ci attanagliava.
Ricordo che verso gli otto anni la maestra ci raccontava dei lupi in Abruzzo che d'inverno scendevano nei paesi; io dopo l'imbrunire dovevo andare a prendere il latte da una signora a 10/15 minuti di strada, c'era un minimo di illuminazione pubblica, qualche lampada da 25 candele ogni cinquantina di metri e lunghi tratti di buio;
io ero terrorizzato per la paura di incontrare qualche lupo anche se mia madre ed altri grandi cercavano di tranquillizzarmi raccontandomi che i lupi erano da qualche altra parte molto distanti, ma io pensavo che potevano pure sbagliare strada ed io trovarmeli davanti.
A dicembre cominciavano le feste, prima santa Barbara patrona dei minatori, che poi era anche il giorno del mio compleanno e al mio paese quasi tutti avevano lavorato o lavoravano nella miniera di pirite ai piedi della montagna, il sei dicembre giorno di san Nicolò che portava i regali ai bambini e grandissime le aspettative, poi la mattina un paio di mandarini un libriccino o un giocattolo di latta e una bambola di pezza per le bambine.
La grande festa era il natale con l'evento straordinario della messa mezzanotte, con le melodie natalizie dolci e coinvolgenti, l'abete addobbato la vigilia e con candeline vere di cera accese e qualche cioccolatino avvolto in stagnola variopinta e la mattina dopo altra sorpresa di regali più consistenti rispetto a san Nicolò: per i bambini generalmente il "Meccano" che poi consentiva la costruzione di una infinità di oggetti.
Il Capodanno allora era uso andare a fare gli auguri ai parenti e in cambio si riceveva la "Buona mano", ossia un moneta da 50 lire e se andava benissimo anche 100 lire, ma questo evento era molto raro e capodanno era l'occasione di ricevere e disporre di qualche soldo, poi solitamente destinato all'acquisto di un temperino e qualche biglia.
La vigilia dell 'Epifania dopo il crepuscolo e anche la sera dell' Epifania era d'uso accendere dei grandi falò
su qualche altura e visibili dai villaggi più distanti, si festeggiavano cantando, si faceva a gara fra i villaggi per avere il coro più bello e che si sentiva più distante possibile.
I falò si accendevano per illuminare la strada ai re Magi si diceva, ma il 7 gennaio il sole, per la prima volta dal solstizio d'estate, nasce un minuto prima, ( mentre tramonta un minuto dopo già dal 13 dicembre giorno di santa Lucia), i falò risalgono a molto prima del cristianesimo, nella notte dei tempi, e sono un omaggio e un saluto al Dio Sole e alla vita che ricomincia.
Di quegli inverni ricordo
quelle camere da letto gelide con la temperatura sotto lo zero e la mattina quando ci si alzava il vetro della finestra era un arabesco di ghiaccio dovuto all'umidità del respiro e al gelo, ricordo le nevicate notturne quando il mondo appariva più ovattato e una foca luce bianca filtrava dalle fessura delle imposte, sentivo quando verso mezzanotte i minatori ritornavano dal turno del pomeriggio alla miniera e si sentiva il rumore dei ramponi che mordevano la neve, mentre la luce vivida delle lampade ad acetilene proiettava delle lunghe ombre mobili sui muri della camera, poi i saluti sussurrati e il tonfo di una porta che si richiudeva.
La mattina venivo svegliato da una vicina che scendeva il ripido viottolo sotto le finestre con passi lunghissimi e veloci trascinando a lungo i ramponi sulla neve prima di poggiare il piede, la sua camminata era famosa e anche dall'altra parte del villaggio si riconosceva il suo passaggio dall' impronta lasciata sul ghiaccio o sulla neve battuta dai suoi ramponi.
Verso le sei e mezzo si sentiva il suono più fioco della campana che chiamava alla messa mattutina , tutti i ragazzi erano chierichetti, ( anche per motivi economici, servire messa rendeva qualche soldo ),
andavo a messa sprofondando nella neve fresca ed immacolata o quasi, perché venivo preceduto da un amico e coetaneo figlio del sacrestano del quale ho già narrato in altro post, ma mi ripeto:
L'estate dei suoi sei anni durante la fienagione era stato punto da una vespa od un calabrone sulla punta del pisellino, si era ostruito il canale uretrale, ma la famiglia per le scarse condizioni economiche, anziché portarlo dal medico, lo portò da una praticona che con un ago arroventato fece un foro di lato all'ostruzione per consentirgli di urinare, ma le sue minzioni duravano diversi minuti, così sulla neve fresca della strada che portava alla chiesa si vedeva una lunga striscia gialla ininterrotta che finiva a lato della chiesa con una serie di ghirigori gialli.
E come già scrissi: la sua gialla impronta con il passare degli anni non si vedeva più dalla parte della chiesa, ma in prossimità di qualche osteria e nel mezzo del cammin di nostra vita, la cirrosi gli diede la pace.
La chiesa era gelida, illuminata da poche candele e qualche lampada,
qualche bimbo mezzo addormentato sui banchi attorno l'altare, il vecchio prete con i capelli candidi che salmodiava, qualche vecchina, sempre le solite, che cantavano gli inni ed il persistente profumo dell'incenso che aleggiava, poi ancor prima dei diciotto anni, la mia strada di emigrazione mi portò per il mondo, ebbi la fortuna di conoscere molte persone che mi arricchirono culturalmente, ma la chiesa non mi ebbe più tra i frequentatori e nemmeno fra i credenti, altre prospettive mi si erano aperte, però un po' di nostalgia per quegli odori e suoni antelucani mi è rimasta.
E anche tutte le consuetudini, i suoni,le voci di tante persone conosciute con i loro pregi ed i loro tic sono rimasti solo nei ricordi
E ancora la notte d'inverno,
e la torre del borgo cupa con suoi tonfi,
e le nebbie che affondano il fiume,
e le felci e le spine. O compagno,
hai perduto il tuo cuore: la pianura
non ha piu spazio per noi.
Qui in silenzio piangi la tua terra:
e mordi il fazzoletto di colore
con i denti di lupo:
non svegliare il fanciullo che ti dorme accanto
coi piedi nudi chiusi in una buca.
e la torre del borgo cupa con suoi tonfi,
e le nebbie che affondano il fiume,
e le felci e le spine. O compagno,
hai perduto il tuo cuore: la pianura
non ha piu spazio per noi.
Qui in silenzio piangi la tua terra:
e mordi il fazzoletto di colore
con i denti di lupo:
non svegliare il fanciullo che ti dorme accanto
coi piedi nudi chiusi in una buca.
(Salvatore Quasimodo)
6 commenti:
Che bei precisi ricordi, quando il poco, se c'era, bastava.
E' un racconto che mi ha molto commosso, in alcuni passaggi mi rivedo bambina, era il nostro mondo la paura che i grandi inconsciamente ci trasmettevano, le festività che ci portavano un pò di allegria. Ma i disagi della povertà era sempre presente.
Ciao Sileno un abbraccio.
PS. Con tredici giorni di ritardo(AUGURI).
Che inverno, e che freddo. Bellisssima l'immagine di centinaia di ghiaccioli che pendono dalle grondaie. L'aria pura fuori ed il calduccio in casa. Il tutto comunica l'idea di una vita semplice, serena e condotta con la "lentezza" che fa bene allo spirito.
Grazie Sileno e un abbraccio. Spera.
P.S. Ti avviso che nel mio blog, per evitare l'inondazione di commenti grillini, che di recente si è sviluppata, ho introdotto l'approvazione mannuale, prima che il commento stesso appaia.
Questo perché preferisco pochi amici, buoni, e preziosi. Il mio non è un blog politico, ma ha solo la pretesa di discutere con gli amici di argomenti anche politici, in santa pace e con rispetto.
e io commossa, leggo e rileggo Sileno, caro amico. Silenziosamente ti abbraccio in un miscuglio di emozioni. Grazie. Grazie per questo.
io ti leggo come leggere una fiaba, eppure, nonostante le privazioni e la vita aspra che racconti sono certa che la vita doveva essere migliore di quella convulsa e ottenebrata dallo spietato consumismo ed arrivismo dei nostri, forse sarà la Poesia delle tue parole o l'armonia delle foto, e non ultime le scelte poetiche che le accompagnano, entrambi autori che amo moltissimo
grazie , davvero grazie!
Felici ricordi, intrisi di nostalgia senza alcun dubbio... Un abbraccio Sileno
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