Mi scuso per la pessima qualità delle immagini, si tratta di diapositive che ho scattato io in quei terribili giorni, ho proiettato le diapositive e rifotografate, questo il motivo della qualità indecorosa.
Un paio di settimane dopo il primo viaggio nella martoriata ex Jugoslavia, la generosità della gente ci consentì di partire nuovamente verso la Jugoslavia.
In questa seconda spedizione decidemmo di inoltrarci verso l'interno nella Slavonia, una regione dove fra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 si erano insediati molti bellunesi; quelli erano paesi che per la fertilità del suolo,prosperavano sotto l'impero austroungarico, mentre fra queste montagne imperava la miseria e il destino degli uomini si chiamava emigrazione, ancora oggi esistono delle comunità bellunesi nel mondo dove si parla ancora il dialetto di fine ottocento, per questo motivo prima della fine della guerra i contatti con la Slavonia erano frequenti e sempre per questo motivo scegliemmo di portare un po' di aiuto ai nostri ex conterranei.
Un generoso trasportatore mise a disposizione il suo tempo ed il suo TIR per portare il materiale che si era raccolto, ancora va il mio pensiero riconoscente verso questo generoso che ben sapeva che ci saremmo inoltrati in zona di guerra e rischiava il suo mezzo.
Eravamo partiti una gelida alba di dicembre, o ero alla guida di un Ducato e avevo chiesto di essere solo, perché mi piaceva restare in compagnia delle mie riflessioni senza obbligo di conversazioni inopportune.
c'erano solo i nostri mezzi e molta cordialità fra i doganieri, ci fermammo in un piazzale in vicinanza di Lubiana per mangiare qualche panino, velocemente perché era molto freddo e poi avanti, imboccammo l'autostrada per Belgrado assolutamente deserta
a parte qualche mezzo militare sulla corsia opposta, così giunse rapidamente le sera, ricordo le pompe di trivellazione del petrolio che per un pezzo ci accompagnarono a fianco dell'autostrada con gli enormi bracci che giravano in controluce nel rosso del tramonto.
A notte, ( a inizio dicembre la notte cala molto presto), superammo una colonna di carri armati che procedevano nel buio a luci spente e infine arrivammo nella cittadina che era la nostra base e subito andammo alla canonica dove dovevamo scaricare la merce.
Una squadra di ragazzi era già in attesa
e in breve tempo il materiale venne scaricato, poi ci accompagnarono all'albergo per rinfrescarci, poi eravamo attesi in canonica per la cena, assieme al sindaco , autorità locali ed ex bellunesi che traducevano tutto in dialetto veneto..
La chiesa e la canonica si trovavano in cima ad una collina boscosa e mentre avanzavamo sparpagliati nel parco tra il paese e la chiesa con le torce elettriche perché la cittadina era avvolta nel buio, la guerra era a pochissimi km, una sventagliata di mitra venne sparata nelle nostre vicinanze, le nostre giacche a vento rifrangenti erano visibilissime alla minima luce, un pensiero immediato: se volevano spararmi l'avrebbero già fatto e se volevano spaventarmi non gli avrei dato soddisfazione e proseguii come fecero tutti gli altri amici, non ci furono altri spari.
Quando ci radunammo in canonica , notammo che tre dei nostri, ( eravamo una decina), quelli che a parole erano i più spacconi erano tutti infangati, alla sventagliata si erano sdraiati in terra , ma in una pozzanghera.
La cena frugale ma gustosa fra i racconti di quanto accadeva in quelle zone e non erano racconti piacevoli, dopo la cena il parroco doveva celebrare un matrimonio al quale assistemmo.
Arrivarono le macchine degli sposi, erano delle vecchissime cinquecento
e 850 con le bandiere croate che sventolavano, la maggior parte degli invitati erano armati, poi ci spiegarono che dal bosco sottostante sul versante opposto alla città la notte salivano i serbi per controllare i movimenti in città.
La chiesa era molto bella di stile barocco e mi rimasero impressi gli inni cantati da una suora che suonava pure l'organo, aveva una voce delle più belle che avessi mai sentito e mi sovvenne la poesia del Giusti: "...sentia nell'inno la dolcezza amara dei canti uditi da fanciullo..." ancora oggi mi viene un attimo di commozione a ripensarci.
All'uscita dalla chiesa, mentre guardavamo la pianura sottostante, una serie di fuochi artificiali e pensai: ma che guerra è questa se fanno i fuochi artificiali per festeggiare un matrimonio, solo in secondo tempo realizzai che non erano fuochi artificiali, ma si trattava di un bombardamento a un paio di km. di distanza ci dissero e del quale avrei poi visto gli esiti il giorno dopo visitando l'ospedale.
Ritornammo all'albergo senza altre disavventure, l'albergo era pieno di profughi e di militari in riposo dal fronte e da ragazze appariscenti che li accompagnavano.
Ebbi la fortuna, ( che poi si rivelò non essere proprio fortuna), di avere una camera singola, ,sapevo che avrei passato la notte insonne per l'eccitazione di tutto quello che avevo assorbito durante la giornata, entrato in camera un odore di sigaro mi fece capire che fino a poco prima la camera era stata usata, spalancai le finestre per arieggiare ed ammirare la città buia dall'ultimo piano, poi chiusa la tenda per l'oscuramento controllai bene il letto, le lenzuola e la federa sembravano pulite, però non altrettanto le coperte scoprii 15 giorni dopo quando durante un altro viaggio un prurito insistente alla nuca mi faceva grattare in continuazione e la situazione peggiorò senza che il mio medico trovasse rimedio, finché non mi mandò dal dermatologo il quale mi chiese se ero stato all'estero e alla mia affermazione mi disse trattarsi di scabbia!
Fortunatamente, nonostante il periodo infernale passato col prurito tremendo, particolarmente la notte, non contagiai nessuno, una puzzolentissima lozione in pochi giorni debellò i parassiti e mi ritenni anche fortunato che si fosse trattato di scabbia e non di parenti stretti della scabbia che prediligono zone pelose, altrimenti poteva nascere qualche dubbio imbarazzante., quello era un regalo fattomi dai precedenti guerrieri che usarono quel letto!
Il silenzio della notte era continuamente rotto da sorde esplosioni che poi mi spiegarono essere dovute alla dinamite che usavano per radere al suolo le case dei nemici.
6 commenti:
Siete stati bravi e avete avuto fegato.Bella descrizione,complimenti.Buona serata!
Sono senza parole, Sileno, devi essere orgoglioso per quello che hai fatto
E lasciare senza parole una come me che di solito straripa anche nei commenti è tutto dire.
Un abbraccio di commozione ed un ringraziamento.
Ciao.
E' un racconto il quale le parole non servono,solo la meditazione su delle persone che come te hanno rischiato la vita per aiutare gli altri.Sei unico e ti ammiro molto.
Ciao Sileno.
@ Stella dell'est,
@ Speradisole,
@ Gibran,
vi ringrazio per la vostra considerazione, ma non ritengo di aver fatto nulla di particolarmente pericoloso od eroico, mi sono solo trovato quasi casualmente in determinate circostanze e ho fatto quello che anche altri hanno fatto, poi questi viaggi mi sono anche serviti per valutarmi in circostanze un po' anomale.
Il tuo coraggio emerge, storia che mi ha fatto trattenere il fiato, un gran rispetto ed un abbraccio. Ciao Sileno, buon fine settimana dall'isola.
Non solo hai consegnato con questo racconto una trama storica da non dimenticare, ma confermi con grande dignità un esempio di impegno civile di spessore.
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