giovedì 22 dicembre 2016

Il caldo buono

...Qui non si sente
altro
che il caldo buono.



Sto
con le quattro
capriole di fumo
del focolare.
                      (di Giuseppe Ungaretti: Natale 1916)






A tutti coloro che passano da queste parti:
Un caloroso augurio di BUONE FESTE e di un sereno 2017, e un pensiero a tutta quella gioventù che 100 anni fa si immolò in una guerra feroce, magari senza nemmeno sapere perché; e in questi giorni di festa, un pensiero a tutti coloro che in ogni momento, in ogni parte del mondo piangono per le guerre, per il dolore, per le malattie, per la fame e non conoscono "il caldo buono" e una tavola ben imbandita.

 questa immagine è tratta da internet

giovedì 8 dicembre 2016

sere d'estate, riproposizione di un vecchio post







Quando ero ragazzo, mi piacevano le fresche sere estive, seduto su una panca assieme ad un paio di amici e ad un signore anziano che fu combattente nella prima guerra mondiale.

Questo signore era una miniera di informazioni, anche, se forse, a scuola non era andato oltre la seconda elementare, era nato nel 1878.

Passavamo molte sere in sua compagnia e mentre il crepuscolo cedeva alle ombre della notte, con voce pacata ci raccontava sempre qualcosa di interessante, ma molto di frequente si stava anche in silenzio.

Di fronte a noi si stagliavano i profili delle montagne, spesso illuminati da bagliori e quando gli chiedevo come mai ci fossero dei lampi nel cielo stellato e non si sentissero i tuoni, mi rispondeva che quelli erano gli "starluk" del bel tempo, solo anni dopo, ho capito che erano i lampi di violenti temporali estivi che si scaricavano sulla laguna veneta, oltre le montagne a un centinaio di chilometri di distanza.

In quelle sere si avvertiva un forte calore umano nel villaggio buio e silenzioso, il buio era rotto da una modesta lampada da venticinque candele, attorno alla quale volavano le nottole a caccia d'insetti, tale lampada era posta all'angolo di un'abitazione, disponeva di un interruttore di ceramica per accenderla la sera e spegnere la mattina, onde risparmiare corrente elettrica e quella era tutta l'illuminazione pubblica in quella parte del villaggio; il buio era rotto anche dal bagliore dei lampi lontani e dal lampeggiare delle lucciole nel prato dove era stata tagliata l'erba e la sera era intrisa del profumo intenso del fieno fresco, un profumo che ormai raramente capita di godere ed il silenzio era spezzato, ogni tanto, dallo schiocco caratteristico del chiavistello di qualche porta che si apriva cigolando,
poi da qualche donna che alzava la voce rimbrottando il suo vecchio, dagli scoppi di risa di bambini lontani, che ancora giocavano e , a volte, dal muggito di qualche vacca; più raramente il bubulare del gufo, un po' lugubre.

Questo signore era un fedele lettore della "Domenica del Corriere" e ci raccontava il mondo visto dal giornale.

Si dichiarava non credente e in un paese di montagna era questa una grave pecca, ma lui sosteneva che dio non esiste e che il mondo era governato dai vénti, erano i vénti, sosteneva, che regolavano il clima della terra, portando la pioggia, o la siccità, la fame oppure l'abbondanza e quelle allora, io intriso di religione, le credevo delle eresie, poi con il passare degli anni, mi sono dovuto anche ricredere.

A volte parlava di politica asserendo che: "un buon socialismo ci vuole"; non vedeva di buon occhio i socialdemocratici di Saragat che lui chiamava " i socialisti del papa", ma il nemico per lui era la Democrazia Cristiana da lui nominata "Democràssia cristiana".

Altre volte, ma molto raramente rispetto ad altri reduci della prima guerra mondiale, ci narrava qualche episodio della vita di soldato nella Grande Guerra, da lui combattuta sulle montagne e quando era già alla soglia dei quarant'anni.

In guerra venne ferito e ricoverato all'ospedale, l'unica occasione in cui rimase a letto alcuni giorni, poi per altri cinquant'anni non conobbe un solo giorno di malessere.

Alla fine degli anni sessanta, quando io già conoscevo la vita dell'emigrante, durante una visita in paese, passai a salutarlo e lo trovai a letto, lucido come sempre, ma a letto e ci rimase per tre giorni, poi l'oblio alla soglia dei novant'anni.

 Dopo tanti anni io ricordo sempre con tanta nostalgia quella panca e sento ancora quelle voci sussurrate, ma ormai, solo nei ricordi.